Il 3
dicembre 1992 Neil Papworth, ingegnere britannico 22enne della
Vodafone, inviò il primo sms della storia. Il testo? “Happy Christmas”,
buon Natale.
La storia di quel leggendario “Buon Natale” era iniziata qualche anno
prima, nel 1984. Matti Makkonen, ingegnere della finlandese Nokia,
conversando, secondo la leggenda, in una pizzeria di Helsinky, ebbe
l’idea di abbinare l’invio di brevi messaggi di testo alla tecnologia di
comunicazione mobile.
L’anno successivo, un altro ingegnere, questa volta tedesco, Friedham Hillebrand, stabilì che il numero massimo di caratteri inviabili via sms fosse 160. Perché? Perche, secondo una sua personale analisi, era il numero medio usato per una “breve risposta” standard. In breve, si iniziò a progettare telefonini con la capacità di ricevere brevi messaggi di testo: riceverli, ma non inviarli. Perché questo servizio (chiamato appunto Short message service) fu pensato per l’utilità del gestore, che informava così su messaggi in segreteria, costo delle chiamate e nuove offerte da proporre.
Il suo costo? Zero. Perché quei 160 caratteri di testo viaggiavano su una porzione di banda GSM lasciata intenzionalmente libera proprio per eventuali “sviluppi futuri”.
Che ci furono, eccome. Nel senso che i gestori seppero sfruttare al massimo questa capacità della rete GSM per farne una fonte di guadagno enorme, molto superiore, in percentuale, alla rendita delle chiamate vocali. Oggi le stime parlano di oltre 6.000 miliardi di messaggini inviati ogni anno, cifre impressionanti, se si pensa che il costo di un sms, per il gestore, è dell’ordine del millesimo di euro. Ma noi li paghiamo tra i 5 e i 20 centesimi, a seconda della tariffa che scegliamo. Tra l’altro, i bit, i pacchetti di informazioni veicolati dagli sms sono del tipo “non pregiato”: per i gestori, la consegna di un sms può avvenire nell’arco di 24 ore e non è neppure garantita.
Significa che l’invio di 1 gigabyte di dati via sms (al costo di 15 cent di euro) ci costa... 2,14 milioni di euro. Sì, milioni. Pensateci, ogni volta che ne inviate uno. A proposito di euro, una curiosità: per alcuni anni, dopo l’introduzione del simbolo €, il suo uso in un sms costava 2 caratteri invece di 1. Della serie, con l’euro è raddoppiato tutti...
Soldi a parte, i messaggini hanno cambiato vita e abitudini di milioni di persone. Secondo i sociologi, sono intervenuti anche nei nostri rapporti personali: ci hanno permesso di commentare in diretta (e in segreto) le riunioni al lavoro, fatto inviare pensieri e auguri a persone con le quali non avremmo parlato volentieri e perfino reso interminabili alcune litigate tra fidanzati. Hanno anche reso possibile l’invio di aiuti economici in tempo reale in caso di calamità, grazie agli “sms solidali”.
Da allora, la messaggistica istantanea ha fatto molta strada, soprattutto grazie alla diffusione degli smartphone sempre connessi a Internet e alle loro app. Twitter, prima di tutte: “solo” 140 caratteri, 20 in meno di un sms. Un successo planetario... che deve tutto al “nonno” nato 20 anni fa: la chiave di volta della diffusione dei cinguettii digitali è stata proprio la possibilità di inviarli anche sfruttando un numero di cellulare, che li reindirizza alla Rete quando non siamo connessi.
Ma proprio gli smartphone, i social network e le app come Whatsapp stanno mettendo in crisi gli sms. O meglio, li stanno riportando a quello che erano in origine: messaggi di servizio che hanno il pregio di funzionare con tutti i telefoni, gli operatori e anche quando la copertura Internet è assente.
L’anno successivo, un altro ingegnere, questa volta tedesco, Friedham Hillebrand, stabilì che il numero massimo di caratteri inviabili via sms fosse 160. Perché? Perche, secondo una sua personale analisi, era il numero medio usato per una “breve risposta” standard. In breve, si iniziò a progettare telefonini con la capacità di ricevere brevi messaggi di testo: riceverli, ma non inviarli. Perché questo servizio (chiamato appunto Short message service) fu pensato per l’utilità del gestore, che informava così su messaggi in segreteria, costo delle chiamate e nuove offerte da proporre.
Il suo costo? Zero. Perché quei 160 caratteri di testo viaggiavano su una porzione di banda GSM lasciata intenzionalmente libera proprio per eventuali “sviluppi futuri”.
Che ci furono, eccome. Nel senso che i gestori seppero sfruttare al massimo questa capacità della rete GSM per farne una fonte di guadagno enorme, molto superiore, in percentuale, alla rendita delle chiamate vocali. Oggi le stime parlano di oltre 6.000 miliardi di messaggini inviati ogni anno, cifre impressionanti, se si pensa che il costo di un sms, per il gestore, è dell’ordine del millesimo di euro. Ma noi li paghiamo tra i 5 e i 20 centesimi, a seconda della tariffa che scegliamo. Tra l’altro, i bit, i pacchetti di informazioni veicolati dagli sms sono del tipo “non pregiato”: per i gestori, la consegna di un sms può avvenire nell’arco di 24 ore e non è neppure garantita.
Significa che l’invio di 1 gigabyte di dati via sms (al costo di 15 cent di euro) ci costa... 2,14 milioni di euro. Sì, milioni. Pensateci, ogni volta che ne inviate uno. A proposito di euro, una curiosità: per alcuni anni, dopo l’introduzione del simbolo €, il suo uso in un sms costava 2 caratteri invece di 1. Della serie, con l’euro è raddoppiato tutti...
Soldi a parte, i messaggini hanno cambiato vita e abitudini di milioni di persone. Secondo i sociologi, sono intervenuti anche nei nostri rapporti personali: ci hanno permesso di commentare in diretta (e in segreto) le riunioni al lavoro, fatto inviare pensieri e auguri a persone con le quali non avremmo parlato volentieri e perfino reso interminabili alcune litigate tra fidanzati. Hanno anche reso possibile l’invio di aiuti economici in tempo reale in caso di calamità, grazie agli “sms solidali”.
Da allora, la messaggistica istantanea ha fatto molta strada, soprattutto grazie alla diffusione degli smartphone sempre connessi a Internet e alle loro app. Twitter, prima di tutte: “solo” 140 caratteri, 20 in meno di un sms. Un successo planetario... che deve tutto al “nonno” nato 20 anni fa: la chiave di volta della diffusione dei cinguettii digitali è stata proprio la possibilità di inviarli anche sfruttando un numero di cellulare, che li reindirizza alla Rete quando non siamo connessi.
Ma proprio gli smartphone, i social network e le app come Whatsapp stanno mettendo in crisi gli sms. O meglio, li stanno riportando a quello che erano in origine: messaggi di servizio che hanno il pregio di funzionare con tutti i telefoni, gli operatori e anche quando la copertura Internet è assente.
viva gli SMS!!!!!!!!
RispondiEliminaTu ne sai qualcosa ne vero?????????????????Donatella
RispondiEliminawow!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
RispondiEliminaAmo chi ha inventato i cellulare ma nn quello della scuola!!!!!
RispondiElimina:Q uffffffffffffa):):):
I commenti della Rachele sono serpe incomprensibili! ;)
RispondiEliminaIo l'ho compreso benissimo ma a volte è davvero incomprensibile. Però adesso gli SMS vengono sostituiti dalle chat gratuite come WHATSAPP.
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